Un’istituzione che vive per e sulla ricerca non può non interrogarsi su quali rapporti, quale clima si respirino al suo interno. Deve chiedersi come può essere efficiente senza essere dimentica dei soggetti che la compongono, competitiva e guardata ad esempio, senza essere disumana. Deve avere il coraggio di parlare pubblicamente di conflitti o di incomprensioni
interne e discutere di strategie per il miglioramento del benessere, in un ambiente che ci vede muovere ed agire, non di rado in una stessa struttura ed in un intorno prossimale di rapporti, per molti anni di lavoro. Con la responsabilità ed il privilegio di avere come principio costitutivo la capacità di generare, tutti e tutte insieme, didattica e ricerca, sempre
di più in una logica interdisciplinare, e quindi con un orizzonte e una prospettiva che ben pochi enti pubblici e nessuna azienda privata possono avere. Tra le righe di questa situazione comune ad ogni Ateneo, si è trovato a lavorare il primo Comitato Unico di Garanzia dell’Università di Bologna, nominato in dicembre del 2013. Una delle prime azioni che abbiamo voluto proporre si è sviluppata intorno alla parola mobbing, che compare nel nostro ed in altri regolamenti, che ha un contorno giurisprudenziale sfumato e che, pur essendo mutuata dall’inglese, ha, nella lingua italiana, un’accezione diversa: ossia aggressione evidente o sottile ma continua, isolamento e dequalificazione di un lavoratore o una lavoratrice ad opera di un superiore o di un gruppo di persone.
© 2016, pp.96
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